Teatro

In_scatola_azione: spiare lo spettacolo

In_scatola_azione: spiare lo spettacolo

Se il pubblico al termine di uno spettacolo esita nell’applauso, non lo fa per protesta o questioni di gusto, ma perché sconcertato dall’innovazione. È ciò che accade con In_scatola_azione, performance della durata di venticinque minuti e aperta a 15 persone a replica, dell’associazione pisana DN@, in questi giorni in scena a Galleria Toledo all’interno della rassegna E45 Fringe Festival.
Lo spettatore, accolto in sala da una musica assordante, è invitato a salire sul palcoscenico – per definizione scatola contenente e rappresentante un mondo parallelo – sul quale vi trova un’altra scatola di tre metri per tre e alta due, bicolore: bianca e nera, e bucata sui quattro lati da piccole feritoie. Queste fessure danno accesso a un altro mondo parallelo, quello della scatola labirintica: casa, realtà, luogo di due donne. I colori dei loro abiti richiamano quelli dello spazio che occupano: c’è la donna con una fasciante tunica bianca e i capelli sciolti, e una donna con un vestito nero e i capelli raccolti in un fazzoletto. La donna bianca è serena, percepisce e trasmette attraverso movimenti cadenzati la sensualità del proprio corpo, il piacere che il suo essere donna gli procura. La donna nera racchiude nel suo volto il “tragico”, si flagella gettandosi di continuo a terra. Lo spazio in cui si muovono le due performer – Simona Generali e Daria Ceccanti - è ridottissimo: due corridoi perpendicolari; e quasi vuoto: vi è solo uno specchio. I gesti performativi sono lenti e armonici, le loro voci non si odono mai, se non attraverso registrazioni che interrompono l’assordante musica, al massimo sospirano. I loro occhi magnetici e vivi attraversano la scatola, guardano verso l’esterno, mantenendo così intatta l’interazione con lo spettatore. Quest’ultimo è libero di scegliere la fessura e il punto di vista da cui osservare la performance. Ma le feritoie nascondono altri mondi: ricostruzioni in miniatura di ambienti domestici, di luoghi marini, video di altre donne, o telecamere che regalano ancora nuove prospettive dello spazio interno. Dopo essersi divertito a interagire con la scatola e a scegliere il mondo da guardare, inesorabilmente lo spettatore ritorna a scrutare le due donne, quasi fosse catturato dai loro gesti, dai loro occhi, dal loro essere complementare. Una complementarità sancita dall’incontro finale, delicato e quasi impercettibile, dei due corpi, fisicità sdoppiata di una sola essenza femminile.